Festival del Cinema Italiano contemporaneo
CINEMANDO
Regia: Gianni Amelio; Sceneggiatura: Gianni Amelio, Davide Lantieri; Fotografia: Luca Bigazzi; Montaggio: Simona Paggi; Scenografia: Giancarlo Basili; Musica: Franco Piersanti; Produzione: Carlo Degli Esposti per Palomar; Interpreti: Antonio Albanese (Antonio Pane), Livia Rossi, Gabriele Rendina, Alfonso Santagata, Sandra Ceccarelli Italia 2013, 104 min.
Immaginiamo un nuovo mestiere, il “rimpiazzo”, e un uomo senza lavoro, Antonio, che lo pratichi ogni giorno, questo mestiere, prendendo, anche solo per qualche ora, il posto di chi si assenta dal proprio posto di lavoro, per quale ragione sia. Si accontenta di poco, Antonio, ma i soldi non sono tutto nella vita: c’è bisogno di non lasciarsi andare in un momento di crisi come questa. Immaginiamo poi un ragazzo di vent’anni, suo figlio, che suona il sax come un dio e dunque è fortunato perché fa l’artista. E immaginiamo Lucia, inquieta e guardinga, che nasconde un segreto dietro la sua voglia di farsi avanti nella vita. Antonio è un uomo speciale. Vive a Milano e ogni giorno, pur di non risvegliarsi la mattina senza sapere cosa farà, pratica un lavoro “particolare”, il rimpiazzo: lui in pratica sostituisce, anche per poche ore, lavoratori di qualsiasi tipo. Fa di tutto, lavora in qualsiasi luogo, pur di essere pagato, anche per molto poco, ma non si arrende mai. E, nonostante tutto, riesce ad aiutare la gente che gli sta intorno, sempre col sorriso sulle labbra. Antonio, inoltre, aveva una moglie, ma che lo ha lasciato per un uomo dalle ricchezze più solide, e ha un figlio, con il quale ha un bellissimo rapporto, che studia sassofono al conservatorio, e fa parte di una band. Un giorno Antonio conosce Lucia, una ragazza della stessa età di suo figlio, che non riesce ad affrontare la vita con la stessa forza di Antonio, e a cui offre un aiuto disinteressato, durante un concorso, passandole le risposte con il rischio di farsi scoprire dall’assistente.
Con L’intrepido scavo in una realtà che è quella di oggi, dura, difficile, piena di incognite per il domani, però cerco di farlo con leggerezza. Più che alla commedia all’italiana, mi riallaccio al cinema muto, a Chaplin, a Buster Keaton. C’è una doppia linea nel protagonista, Antonio è allegro, solare, intrepido, quando fa il lavoro di un altro, ma fragile e disarmato nei sentimenti. Con suo figlio, per esempio, non riesce a comunicare affetto, con una ragazza che lo tocca nel profondo non sa trovare le parole. Ma c’è nel film un anelito al lieto fine, perché penso che oggi sia un dovere essere positivi, essere intrepidi. Gianni Amelio
L’intrepido Gianni Amelio ci propone una storia che, nonostante un finale implicitamente quasi lieto, è abbastanza dolente e sconfortata, pur facendo qua e là anche sorridere con letizia partecipe. Un film quasi amaro. Quel lavoro precario del protagonista Amelio ce lo ha proposto in una Milano di periferia, algida e spesso piovosa, nell’ambito di mestieri quasi sempre durissimi, lasciando che vi ponga mano un Antonio che, nonostante tutto, per la sua innata bontà, è spesso sereno se non proprio ottimista, anche se, a farcene intendere certe desolazioni segrete, in una scena conclusiva di un episodio viene rappresentato in mezzo al buio, con lo schermo che via via gli si restringe attorno, come nei finali di certi film di Chaplin. E a Chaplin non si può non pensare incontrando nei panni di quel protagonista il nostro grande Antonio Albanese prodigo, ad ogni scena, di una mimica in grado di disporre di una infinità di sfumature sottili, ora ironiche, ora afflitte, ora colme di tenerissimo affetto. Gian Luigi Rondi, Il Tempo
Gianni Amelio con L’intrepido sceglie di parlare di crisi e disoccupazione nella città, Milano, che da sempre si identifica col lavoro, con gli affari, e usa il personaggio Antonio Pane per esplorare le mille facce della precarietà. Gli fa attraversare tante situazioni diverse con lo stesso atteggiamento paziente e accomodante: persino di fronte alle ignominie più evidenti, trasforma la rabbia (che probabilmente gli monta dentro) in rassegnazione e fuga. Ogni tanto ci propone uno spunto di riflessione: per trovare lavoro il protagonista deve emigrare in Albania, ribaltando il percorso di Lamerica; messo a confronto con due ventenni (una ragazza depressa, il figlio insicuro) Antonio sembra più attrezzato di loro a sopportare i colpi della vita. Ma poi evita di trarre qualsiasi conclusione, di ragionarci sopra. Di fronte ai nuovi conflitti di classe, alla rabbia dei giovani, Antonio il paziente non è capace di aprire gli occhi. Può sorridere, come fa nell’ultimissima inquadratura, ma basta? Paolo Mereghetti, Corriere della Sera
Gianni Amelio (1945, San Pietro Magisano, Catanzaro). Dopo la laurea in filosofia, si forma nel cinema negli anni ’60 come operatore e poi aiuto regista. L’esordio nella regia è del 1970 con il film televisivo La fine del gioco. Dopo La citta del sole (1973) e La morte al lavoro (1978) si afferma fra i registi italiani più importanti con Colpire al cuore (1982), I ragazzi di Via Panisperna (1988), Porte aperte (1989), Ladri di bambini (1992), Lamerica (1994) e Così ridevano (1998). Seguono Le chiavi di casa (2004), La stella che non c’è (2006), Il primo uomo (2011) e L’intrepido (2013).
Mercoledì, 11 febbraio, 18.45
Giovedì, 12 febbraio, 21.00